IL VASAIO FOLLE
….Con larghi sorrisi, benedizioni e innumerevoli reciprochi tzai tzien il Monaco mi salutò. Mi avevano caricato di un’esagerata quantità di zucche colme di vino da consegnare all’elettricista.
Dopo una camminata di almeno cinque ore arrivai sulla cima del Sentiero Chiaro; una cascata di cocci di vasi di terracotta. Decine di migliaia di pezzi di vasi, giare o anfore ridotti a pezzi, alcune, le più vecchie, coperte da muschio e muffa mentre altre, più recenti, asciutte e più chiare.
Cominciai a scalare ll Sentiero Pallido senza tentennamenti per raggiungere la capanna che si intravedeva oltre il mare di cocci. Scivolavo ad ogni passo. l cocci si spezzavano sotto la pressione dei miei piedi. Temevo seriamente di cadere e scivolare all’indietro o affondare. Stavo per arrendermi e rinunciare. “Speriamo che il vasaio non mi stia guardando.” Pensai. Alzai lo sguardo e lo vidi, tranquillamente seduto su di una roccia. Mi osservava divertito e incredulo. Mi lasciai scivolare in preda allo sconforto sino al margine inferiore del Sentiero Pallido. Guardai verso l’alto.
Era lì imperscrutabile ed immobile. Senza alterare la sua espressione alzò lentamente la mano sinistra come per indicare qualche cosa. Guardai in quella direzione… un sentiero! Si, un bel sentiero, un sentierino facile facile. Strano, pensai, se il vasaio non mi avesse indicato il sentiero non l’avrei neppure notato. L’ ho visto perché mi è stato fatto vedere. Mi sentii stupido ma il fatto di averlo pensato mi aiutò: alla fine chi ammette di essere stupido, avendolo capito, non può essere troppo stup… na, na, na! Sono stupido!

VUOTO
Mi trovai tra il Vasaio, la capanna di fango e un rivolo d’acqua trasparente che scorreva allegro e gorgogliante. Mi liberai del carico di zucche lasciandole per terra. L’elettrico le degnò appena di uno sguardo e si allontanò. Prima di entrare nella catapecchia si girò verso di me e disse “Vieni. Entra”.
“Ma…allora tu parli” esclamai.
“Perché; tu non sai farlo?”
“Naturalmente, ma …prima, al monastero, tu non parlavi.”
“No.”
“Ma li al monastero mi dissero di non averti mai sentito parlare.”
“Vero.”
“Ma…. C’è una ragione?”
“Sì.”
“Ossia?”
“non avevo niente da dire!”
Un momento di silenzio e poi una risata. Una vera e propria esplosione, così forte e così forte che, pensai, avrebbe potuto far sussultare tutti i religiosi dei monti Wu Dang!
ll vecchio si calmò e mi invitò ad entrare.
“Entra Camillo. Camillo! Ma che razza di nome è mai questo! Su, su, entra. entra”.
“Ma…io non mi chiamo Camillol”
“Oh, e allora “Non-mi-chiamo-Camillo” vuoi entrare o no!”
L’interno della capanna consisteva di un’unica stanza.
Più o meno al centro della stanza si trovava una tavola bassa e uno sgabello. Vicino ad una finestra una ruota da vasaio e una montagna di creta. Appoggiati alla parete di fronte un pagliericcio e un mattone di terracotta che fungevano, con tutta probabilità, da letto e da cuscino.
In un angolo c’era uno dei più stani altari che io avessi mai visto. Contornato da candele e incensi fumanti campeggiava un cumulo di attrezzi vecchi, arrugginiti e inservibili da elettricista!
Il vasaio si pose al centro della stanza e cominciò ad ondeggiare.
Gli occhi semichiusi. Sembrava in estasi. Muovendosi con estrema grazia mi chiese con voce appena udibile: “Puoi sentire come è piena di vuoto questa stanza?” Si fermò, mi guardò e il suoi occhi avevano un’espressione meno selvaggia.
“ Qui in questa piccolo stanza, vi è più vuoto di quanto la stanza possa contenere …forse…diecimila volte di più! Lo senti? Non-mi-chiamo Camillo, lo senti? “ mi domandò ondeggiando le braccia attorno a se. Provai ad imitarlo. Mi sembrò.. pensavo di percepire…”.”No!
Mi sto solo illudendo. Forse ora… mi pare, sento…no no. Volevo solo accontentarlo” decisi “No, Signor Vasaio, non sento. Non sento un cazzo di niente!” dissi allargando le braccia in segno di resa.
Il Vasaio mi guardò incredulo.
“Se potesse dirmi cosa dovrei sentire…forse… “ Aggiunsi timoroso e titubante.
ll Vasaio si sedette sullo sgabello vicino alla ruota e spiegò: “Ascoltami adesso. Per anni io ho modellato vasi anfore e otri. Qual è la parte più importante di un simile contenitore, le pareti? La base? I manici?.. Non sforzarti Camillo. Te lo dirò io…è il vuoto, la cavità! Se tu ora guardi fuori dalla finestra cosa vedi la sotto?
“Un mare di cocci!”
“Esattamente Le pareti, le basi, I manici… ma la parte veramente utile, il vuoto, quando io rompo i vasi rimane qui.
Questa stanza è ricca di parti vuote. Ne è completamente satura. Puoi sentirlo?” mi chiese e di nuovo, ritornò a fluttuare al centro della stanza come un’alga mossa da correnti marine. “.. logico e semplice e…allo stesso tempo…Oh signor Vasaio!” Esclamai “Straordinario e allo stesso tempo sorprendentemente semplice” Uscimmo all’aperto.
La bellezza del paesaggio era tale che mi tolse il fiato.
Sotto di noi si distendeva un’immensa vallata.
I fiumi, come nastri d’argento riflettevano la luce del sole lasciandosi andare lenti e solenni verso il mare. Nuvole bianche emergevano da un oceano invisibile e veleggiavano leggere striando il blu intenso del cielo. Il Vasaio Folle si preparò diligentemente a contemplare /’acqua che scorre, non volendolo disturbare mi sedetti sulla dura roccia.
Dopo alcuni momenti I miei pensieri si acquietarono e, come se trasportati dalla corrente, abbandonarono la mia mente. Godetti allora del suono profondo del silenzio.
Il sole era alto nel cielo e il vasaio non era più accanto a me. Girai la testa… Stava praticando le tredici posizioni. Ogni movimento seguiva lentamente il movimento dal quale nasceva.
Lentissimamente.
Quale stupenda armonia traspariva da quella rappresentazione! Mi avvicinai per imitarlo, all’inizio con difficoltà e, gradualmente, con sempre maggior fluidità. Mi sentivo come trasportato da un grande fiume, calmo e potente e mi arresi alfine al suo lento fluire.

Altre STORIETTE RACCONTI ACCADIMENTI sono contenute nel suo blog STORIETROPPOVERE Tracce mnestiche e indizi per una biografia

M° Franco Mescola